Sintesi della lezione d'apertura
29 Settembre 2017
Corso di
Perfezionamento in Neurobioetica, “Neurobioetica e Transumanismo”
(di Giulia Bovassi)
Abstract
Si è svolta nel
pomeriggio di venerdì 29 settembre la lezione d'apertura al primo Corso di
Perfezionamento in Neurobioetica, Neurobioetica e Transumanismo, dal
titolo “Post e trans-umano: una questione antropologica”. L'intero
programma dedicherà i suoi appuntamenti
all'approfondimento del tema principale, considerandone proficua
l'interdisciplinarità. L'avvio dei lavori ha gettato le basi per un rapido
confronto con problematiche scientifiche calde e attuali, insieme agli
interrogati etici, antropologici, che le accompagnano.
Venerdì
29 settembre alle ore 17:00 ha preso avvio, presso l'Aula Magna dell'Ateneo
Pontificio Regina Apostolorum (APRA), il primo Corso di Perfezionamento in
Neurobioetica, Neurobioetica e Transumanismo, inaugurato con una tavola
rotonda d'apertura, presieduta da P. Alberto Carrara, coordinatore del Corso,
nonché del Gruppo interdisciplinare di ricerca in Neurobioetica (GdN). Un primo
incontro dal titolo “Post e trans-umano: una questione antropologica”,
introdotto dal Direttore della Cattedra UNESCO in Bioetica e Diritti Umani, il
giurista prof. Alberto García, il quale ha messo in luce la natura stessa
dell'iniziativa accademica e, insieme, l'urgenza di ripristinare un dibattito,
in questo intreccio fitto fra innovazione tecnologica e culturale, sulla
valenza terapeutica delle applicazioni a confronto con un tema molto dibattuto
quale lo human enhancement, dibattito che richiede la collaborazione di
discipline fra loro interconnesse nelle insenature del Postumano. Alla presentazione del Corso, organizzato in
collaborazione non solo con la Cattedra UNESCO, ma anche con l'Istituto Scienza
e Fede, hanno fatto seguito tre differenti voci: il dott. Claudio Bonito, con
un intervento intitolato “Postumanesimo: una questione antropologica”,
apripista sulla questione umana al cospetto del Postumano; il coordinatore P.
Alberto Carrara, con una panoramica introduttiva completa su “Il Progetto
Immortalità 2045: dal corpo transumano al trapianto di testa”; la dott.ssa
Giulia Bovassi, autrice del testo “L'eco della solidità. La nostalgia del
richiamo tra antropologia liquida e postumanesimo” (IF PRESS, 2017)
presentato con una riflessione provocatoria “Quanto è troppo? La
liquefazione dell'identità per la solidità di molti possibili”.
La tavola rotonda
dello scorso venerdì non solo ha fornito criteri di orientamento sulla
direzione contenutistica da intraprendere (e mantenersi) durante l'iter
formativo proposto dal Corso e, in generale, esteso d'ora in avanti alle
attività del GdN, ma ha equipaggiato l'uditorio di preziosi spunti di
riflessione forniti dalle varie discipline chiamate in causa, con i quali
muovere i primi passi verso la vetta del tanto atteso e temuto trapianto di
testa (il cui appuntamento fissato per il prossimo dicembre), giungendo a cime
ancora più alte, quali il Progetto Immortalità 2045. Fin dalle prime
battute, il Direttore Alberto García, ha sottolineato la delicatezza delle
sfide giunte alla nostra attenzione insieme al vagone del Postumano e del
Transumano, in particolare il valore terapeutico delle nuove tecnologie a
confronto con il potenziamento (cognitivo, motorio, emotivo, etico, estetico,
ecc..), lo human enhancement, che ci interrogano sull'intenzionalità,
sulla finalità di quell'agire umano in un dialogo fra scienza, tecnologia,
ragione e fede, in un linguaggio-ponte fra le diversità. La possibilità del
postumano ci chiede in quale rapporto potranno soggiacere “normali” e
super-umani. Quale sarà il legame fra trans-umano e me stesso, “solamente”
umano? Quali regole di convivenza sociale tra super uomini e noi? Evidente la
necessità di armonizzare l'etica universale dei diritti umani, altrettanto
evidente l'interesse della Cattedra UNESCO nel supportare l'approfondimento e
l'incontro di posizioni talvolta antitetiche, in un lavoro che sia perseguito
in vista del bene comune, ricordando la dignità e il fondamentale rispetto per
la persona nella sua integralità, anche nell'oggetto di studio delle “neuroscienze
che amano la persona umana”.
Il professore
Claudio Bonito propone una specificazione filosofica del tema, a cominciare dal
tentativo postumanista di costituire una «nuova antropologia, la cui origine
il venir meno della solidità di tutti quei concetti sui quali oggi si fondano
le definizioni identitarie di uomo e di umanità». Da un terreno culturale
favorevole, molti hanno tratto le potenzialità per attivare questa rivoluzione
antropologica la cui prima tappa è stata rendere l'uomo oggetto di studio e,
successivamente, derivarne la finitudine, condizione da superarsi decentrando
l'uomo. La tecnica assolve questo spostamento che richiama il diverbio fra
naturale e artificiale, spingendo gli uomini al di là, costringendoli a
ri-definirsi. Postumano e transumano mirano al miglioramento (anche in termini
evolutivi) e al superamento della costituzione umana limitata dalla corporeità,
ostacolo che scienza e tecnica possono rimuovere (enhancement; mind
uploading; bionica, sono degli esempi). Qui l'approssimarsi della
tecnica all'umano diventa radicale. Come sottolineato da C. Bonito,
nell'affrontare la questione occorre evitare catastrofismi tecnofobici
considerandone anche i risvolti positivi, non trascurando la storica relazione
che da sempre l'uomo ha intessuto con la tecnica, tenendo presente -usando le
parole di Mons. Galantino- che «attraverso una filosofia dinamica
dell'essere il lavoro degli intellettuali del nostro tempo potrà contribuire
alla vigilanza sulla persona e alla sua custodia».
Favorendo la
metodologia interdisciplinare volta al benessere della persona e sforzando un
contatto il più possibile critico, il prof. A. Carrara approfondisce aspetti
scientifici e pratici delle teorizzazioni post e trans-umane, in una panoramica
a 360° fra positività e negatività. In particolare, il docente sviscera le
motivazioni a sostegno del fatto che, l'agognato buon esito del cosiddetto “trapianto
di testa”, rappresenterebbe il primo traguardo transumanista. Il dualismo,
oggigiorno imperante, fra mente-corpo, radicalizzato nell'immaginario di menti
disincarnate, riporta tutto il complesso nodo dell'identità personale
all'ambiguità del corpo. In una rapida sequenza di chiarificazione
terminologica, si accerchia l'essenza del transumanismo quale «movimento che
vuole che l'uomo prenda in mano la propria evoluzione biologica tramite l'uso
della tecnologia» calato nel mito della vita eterna e dell'immortalità, cui
antagonista la difficoltà intima generata dalla morte dell'altro. L'immagine
utilizzata nella promozione del Progetto 2045 richiama la fluidità, il
movimento, tipici degli scenari postumanisti, rinvia alla stessa fase storica
originaria del postumanesimo, ovvero quel periodo attratto dal superamento
dell'antropocentrismo, oltre la terapia e oltre l'umano. Il Progetto 2045,
preso dal professore come caso emblematico, è stato lanciato da Dimitry Istkov,
come momento in cui «l'uomo diventerà immortale» gradualmente,
attraversando quattro fasi Avatar scandite nel tempo. Tutto nacque dal concetto
di “superamento tecnologico”, teorizzato nel 1965 da uno dei più grandi
transumanisti contemporanei, Raymond Kurzweil, direttore esecutivo tecnologico
di Google, che riassume in Singularity (Singolarità tecnologica).
Dimitry Istkov fonda un movimento transumanista globale, presentando negli
Stati Uniti un progetto russo, che egli aveva già iniziato, di
prolungare/estendere in maniera radicale la vita umana, progressivamente, fino
all'ultimo step: trasferire la mente propria, la personalità, in un sostrato
non più deperibile, creando per l'umanità un nuovo paradigma tanto scientifico
quanto filosofico, conformando la struttura sociale e l'assetto valoriale della
società. Come annunciato dallo stesso S. Canavero, non sarà il trapianto di
testa l'approdo definitivo di questa scalata verso il trans-umano, bensì, una
volta riuscito l'intervento, si dirigerà la sperimentazione verso il trapianto
di cervello. L'obiettivo da superare è
la fragilità del corpo nelle molteplici sue manifestazioni, ed è qui che “L'eco
della solidità” entra in gioco.
L'autrice, Giulia
Bovassi, presentando il suo volume, tenta una sorta di chiusura circolare di
quanto esposto: il testo, infatti, ritorna all'identità malleabile e alla
fluidità, intesa come preferibile condizione post-moderna, unica in grado di
giustificare ogni spinta verso l'Oltreuomo, tensione evidente nei
movimenti sopracitati, assunti come esempi eclatanti dai quali, per contrasto,
suscitare un ritorno alla domanda sui nostri limiti, sulla finitezza,
sofferenza, morte, e sull'uomo. Quanto detto precedentemente conferma
l'alienazione da una centralità umana, esaltata per la totalità della sua
natura, allo scollamento di quest'ultima in dimensioni fruibili e, perché no,
sacrificabili o sostituibili. Traendo ispirazione dal concetto di «modernità
liquida» coniato da Zygmunt Bauman, l'autrice rimanda all'antropologia
liquida come ricerca di miglioramento, superamento e di continui, nuovi
possibili, teso al punto di tramutarsi nella non-necessità dell'uomo, che cede
il posto al mito del super-uomo. Post e trans-umano, minando la fecondità della
sofferenza, secondo G. Bovassi, comportano il collasso di un'identità già perduta
perché ribelle ad ogni sua determinazione e si rinfrancano cadendo
nell'evidente, costitutiva, vulnerabilità intrinsecamente umana. Utilizzando le
parole dell'autrice: «la guerra peggiore che stiamo subendo è contro il
diritto di poter essere fragili di nuovo». L'equilibrio inizia a rispondere
al richiamo nostalgico nel momento in cui verrà spontaneo domandarsi «quanto
è troppo?».
Quanto detto dal
Direttore Alberto García, è chiarificatore del fatto che post e trans-umano non
coltivano immaginari distopici relegati ad un futuro debolmente ipotizzabile,
essi invece costituiscono –a maggior ragione in vista dell'atteso trapianto di
testa- l'appello tuonante agli esperti,
sensibili sulla problematica, affinché si possa dar vita ad una nuova attività
di ricerca segnata dall'incontro fra voci dissimili, aperte a fornire un
sostanziale contributo scientifico segnato da spirito critico e concorde sul
rispetto imprescindibile all'essere umano, centro e fine. L'attenzione espressa
con la collaborazione nella proposta formativa in questione, reclama una
risposta densa al veloce susseguirsi di nuovi scenari in cui tecnica e umanità
propongono inediti caratteri al loro rapporto. Una possibilità
tecnico-scientifica non è mai isolata se condotta dall'uomo sull'uomo, per
questo è fondamentale valutarne l'intenzionalità, le circostanze, le
conseguenze e infine lo scopo, affinando lo sguardo, il giudizio, sulla
sostanza di azioni guidate da una concezione distorta di “bene comune”, fedele
ad un nuovo profilo umano per il quale debba venir meno l'uomo stesso, redento
dalla mortalità grazie a spinte d'immortalità le cui mosse prescindono dalla
domanda etica di respiro globale, affidando l'armonia ad una sorta di
prevaricazione tecnologica. Nell'effettivo beneficio e miglioramento apportato
dalla tecnica all'umanità, occorre oggi mantenere la staticità dei confini fra
lecito e possibile, affinché non sia l'uomo a far decadere la sua stessa
superiorità ontologica. Universalmente coinvolge la responsabilità di ciascuno
l'adoperarsi per non incappare nella grave conversione di un'etica
dell'uguaglianza in un'etica della disuguaglianza, conseguente
all'indebolimento di concetti come normalità-anormalità, terapia,
potenziamento, umano o super-umano, e gli interventi tecnici che possono
sfocare la loro nitidezza intrisa nei diritti umani.
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